Le grotte carsiche e i gessi presenti nell’Appennino emiliano in corsa per entrare nella lista dei beni del Patrimonio mondiale ambientale dell’Umanità.
La parte geologica del dossier, che la Regione Emilia Romagna ha approvato e che dovrà inviare al Ministero della Transizione Ecologica per poi arrivare alla commissione Unesco, è stata curata dal prof. Stefano Lugli di Unimore. A lui il compito di spiegare le peculiarità uniche al mondo delle rocce evaporitiche dell’Emilia Romagna.
Lo stato dell’arte dell’iter
La Regione Emilia Romagna ha attivato la proposta di candidatura del “Carsismo nelle Evaporiti e grotte dell’Appennino settentrionale” alla World Heritage List. Proposta che ora, insieme al relativo Dossier, verrà inviata al Ministero della Transizione ecologica che dovrà condividerlo e, quindi, trasmetterlo all’Unesco a Parigi.
Siti unici al mondo
A curare la parte geologica del complesso dossier è stato il prof. Stefano Lugli docente di Scienze Geologiche di Unimore che ha spiegato l’unicità della catena appenninica fatta di siti unici al mondo con grotte, sorgenti saline e fenomeni carsici gessosi. Un patrimonio di natura geologica nel quale si può tracciare la straordinaria evoluzione della Terra.
“Curare la parte geologica della candidatura – afferma il prof. Stefano Lugli di Unimore – ha richiesto anni di lavoro per raccogliere i dati e riuscire a trasmettere in linguaggio accessibile le straordinarie meraviglie dei nostri gessi. La candidatura ha preso le mosse da una sollecitazione di Unesco che ha fatto notare come non esistano siti carsici evaporitici nella lista del patrimonio mondiale. E i nostri gessi presentano diversi primati mondiali: si tratta del sito carsico più studiato al mondo con caratteristiche geologiche uniche tra cui annoveriamo la grotta in gesso più profonda al mondo e le sorgenti salate più copiose d’Europa”.
Le rocce evaporitiche
Si sono formate nel corso dei millenni in seguito all’evaporazione delle acque marine che ricoprivano queste zone e alla concomitante concentrazione dei sali minerali, tra cui appunto il gesso. Sono un fenomeno la cui origine in Appennino risale a circa 200 milioni di anni fa per quanto riguarda i Gessi triassici dell’Alta Val Secchia e a circa 6 milioni di anni fa per gli altri siti, esito di una irripetibile combinazione di fattori geologici e climatici e che nel tempo ha fortemente caratterizzato la storia di questi territori. Luoghi anche strettamente collegati alla vita delle comunità che qui si sono stabilite fin dall’epoca preistorica, quando le grotte furono utilizzate come luoghi di sepoltura e di culto, ma che poi è continuata senza interruzione fino all’ epoca romana, quando alcuni siti sono stati sede di estrazione del lapis specularis, gesso in splendidi cristalli trasparenti utilizzati per vari usi come nelle finestre delle abitazioni. E alla fine del XVII secolo, la vicinanza alla Università di Bologna e un florido ambiente culturale hanno reso questi siti oggetto dei primi studi scientifici sul carsismo, tali da essere un punto di riferimento scientifico unico al mondo.
I siti
Si estendono nelle province di Reggio Emilia, Bologna, Rimini e Ravenna e sono l’Alta Valle Secchia, la Bassa Collina Reggiana, i Gessi di Zola Predosa, i Gessi Bolognesi, la Vena del Gesso Romagnola, le Evaporiti di San Leo, i Gessi della Romagna Orientale.
La Regione Emilia Romagna è capofila del progetto che coinvolge numerosi Enti locali – tra Comuni, Unioni e Province – oltre a diversi Enti Parco e che ha visto la Federazione Speleologica dell’Emilia-Romagna come primo proponente dal 2016.