Sono circa 50mila gli ettari a rischio per le semine autunnali di cereali se non verranno garantite le scorte di frumento, orzo, avena e farro necessarie per coltivare un territorio vocato all’agricoltura e all’allevamento. E’ quanto è emerso dall’incontro degli agricoltori, pastori e allevatori della Coldiretti nell’azienda Angeli di Pieve Torina in provincia di Macerata e a Norcia con il presidente nazionale Roberto Moncalvo accompagnato dall’Unità di crisi della Coldiretti.
La maggioranza delle coltivazioni – sottolinea la Coldiretti – è destinata al grano duro per la produzione di pasta, ma significativa è la presenza dell’orzo per la birra artigianale e la crescente espansione del farro nelle diverse varietà monococco, spelta e dicocco, in gran parte biologico, per prodotti dietetici ad alta digeribilità. In gioco – precisa la Coldiretti – c’è una produzione di cereali stimata in 200 milioni di chili che alimenta una filiera di pane, pasta, biscotti specializzata di altissima qualità, ma anche il paesaggio di uno dei territori piu’ visitati dai turisti. La densità delle aziende agricole nelle aree terremotate è quasi il triplo della media nazionale fino a raggiungere 8,5 aziende agricole ogni 100 abitanti in comuni come quello di Accumoli. I 2/3 della superficie agricola sono destinati a prati e pascoli per il bestiame, a conferma della centralità dell’attività di allevamento in questi territori.
Sono circa 3mila le aziende agricole a rischio nei territori dei comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo colpiti con danni strutturali gravi nelle campagne dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti. Oltre l`80 per cento delle strutture agricole e zootecniche delle zone terremotate marchigiane controllate presenta danni secondo la Regione mentre in Umbria sono circa un centinaio le stalle di dimensione economica rilevante in difficoltà e nel Lazio gli allevatori di Accumoli ed Amatrice sono allo stremo a quasi due mesi e mezzo dalla prima scossa che ha colpito la maggioranza degli allevamenti. L’agricoltura, tra manodopera familiare ed esterna, contribuisce in modo importante all’occupazione e all’economia di quei territori, ma – sottolinea la Coldiretti – alimenta anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono che il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione.
Le scosse mettono a rischio un sistema che secondo la Coldiretti offre opportunità occupazionali, solo nella fase di produzione agroalimentare, ad almeno diecimila persone, ma in pericolo ci sono anche specialità conservate da secoli, dalla lenticchia di Castelluccio al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito, dallo zafferano al tartufo, dal ciauscolo al prosciutto di Norcia Igp, che nell’insieme rappresentano un patrimonio culturale del Paese, oltre che economico ed occupazionale. Se della patata di Colfiorito si contano appena 60-70 ettari coltivati sono 140 quelli della lenticchia di Castelluccio mentre il prosciutto di Norcia Igp con una produzione di 2.350 tonnellate fattura oltre 50 milioni di euro.
Nelle aziende agricole e in quelle agroalimentari si contano danni strutturali a fabbricati, impianti e strumenti, ma anche difficoltà a garantire l’alimentazione agli animali anche per la presenza di frane e smottamenti sulle strade rurali che impediscono la circolazione e la raccolta e consegna dei prodotti. Gli animali devono mangiare tutti i giorni e le mucche devono essere munte due volte al giorno e per questo gli allevatori – conclude la Coldiretti – non possono trasferirsi lontano da mandrie e greggi che, senza vigilanza, rischiano peraltro di essere preda di atti di sciacallaggio.
Da sottolineare poi che l’arrivo del gelo minaccia circa 100mila animali che sono stati in molti casi sfollati dalle stalle crollate o rese inagibili, che oltre a soffrire il freddo e lo stress delle scosse, rischiano anche di essere preda di animali selvatici, lupi o degli sciacalli. È quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo che ha illustrato i contenuti del decreto per l’emergenza terremoto per le campagne all’incontro di agricoltori, pastori e allevatori nell’azienda Angeli di Pieve Torina in provincia di Macerata e a Norcia con la consegna dei primi camper per consentire agli allevatori di rimanere a portata dei propri animali.
Il Decreto – ha sottolineato Moncalvo – crea le condizioni per salvare i diecimila posti di lavoro a rischio nelle campagne terremotate con un aiuto per il mancato reddito sugli animali allevati dalle pecore ai bovini che è stato aumentato da 1 a 10 milioni, nonché anticipi sui contributi europei per far fronte alle esigenze di liquidità mentre verranno raddoppiate le 200 stalle mobili ed i 70 moduli abitativi previsti dai bandi regionali in dirittura di arrivo. “Ora dobbiamo vincere insieme la battaglia contro la burocrazia per fare in modo che gli aiuti arrivino al più presto ad agricoltori e allevatori che rischiano di chiudere per sempre se non si creano le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilità e operatività per accudire il bestiame e dare continuità alle attività produttive”, ha precisato Moncalvo nel sottolineare che “è necessario che la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo per non rassegnarsi all’abbandono e allo spopolamento”.
L’Unità di crisi della Coldiretti dall’inizio delle scosse lo scorso 24 ottobre ha avviato una mobilitazione che ha consentito la consegna di 70 moduli abitativi con la collaborazione del Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e dell’azienda Danieli di Buttrio. E’ stata anche realizzata nella frazione di Sommati una grande tensostruttura utilizzata per lo stoccaggio di concimi, mangimi e foraggi necessari per garantire l’alimentazione degli animali durante l’inverno nelle aree del sisma. Dall’inizio del sisma, solo nel Lazio, sono stati consegnati dalla Coldiretti 100mila chili di mangimi no ogm. In settimana ne arriveranno altri 25mila chili per bovini e 17mila chili per ovini e caprini, ma anche sementi di grano, orzo e farro per consentire le semine autunnali.