Sono 11 gli Stati dell’Unione che nel 2015 hanno già raggiunto il loro target vinvolante al 2020 quanto a percentuale di energie rinnovabili utilizzate.
Dei cinque grandi Paesi europei (Germania, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito), l’Italia è però l’unico: la quota assegnata all’Italia sui consumi finali lordi di energia era del 17%.
A fine 2015, secondo le statistiche diffuse da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Ue, l’Italia era già al 17,5%.
La Spagna si ferma al 16,2% contro un obiettivo del 20%, la Francia al 15,2% (obiettivo 23%), la Germania al 14,6% (obiettivo 18%), il Regno Unito all’8,2% (obiettivo 15%), l’Ue a 28 in media al 16,7% (obiettivo 20%).
Oltre all’Italia, hanno già raggiunto l’obiettivo assegnato al 2020 anche Bulgaria, Cechia, Danimarca, Estonia, Croazia, Lituania, Ungheria, Romania, Finlandia e Svezia.
Nel settore dei trasporti la quota della Ue-28 è del 6,7% contro un obiettivo al 2020 del 10%. Nel 2015, la Svezia era in testa con il 24%, seguita da Finlandia (22%), Austria (11,4%), Francia e Slovacchia (8,5%). L’Italia è più o meno in linea con la media europea mentre sono molto indietro Estonia (0,4%), Grecia (1,4%), Spagna (1,7%), Slovenia (2,2%) e Cipro (2,5%).
Il target da raggiungere nel 2020 per la Ue è una percentuale del 20%, ma gli stati membri si sono già accordati per un nuovo obiettivo, ovvero il 27% al 2030.
Le più alte percentuali di rinnovabili sono riscontrabili in Svezia, le più basse in Lussemburgo, Malta e Olanda.
Dal 2004, la percentuale di rinnovabili nei consumi finali di energia è cresciuta significativamente in tutti gli Stati membri e facendo il confronto con l’anno precedente, l’incremento si è verificato in 22 Paesi su 28.
Ma torniamo ai più virtuosi: la Svezia vanta una quota del 53,9%, seguita dalla Finlandia al 39,3, dalla Lettonia al 37,6, dall’Austria al 33 e dalla Danimarca al 30,8.