Il governo brasiliano progetta di costruire una diga gigantesca per sbarrare la strada al fiume Tapajós, tra i più grandi dell’Amazzonia, sacrificando un’area immensa e ricca di biodiversità allo scopo di produrre energia elettrica. Tuttavia São Luiz do Tapajós, il luogo dove dovrebbe sorgere l’opera, è la patria degli indigeni Munduruku, la cui vita dipende totalmente dal fiume e dalla foresta circostante.
I Munduruku hanno deciso di difendere il loro territorio e Greenpeace, dalla quale arriva la denuncia, interverrà al loro fianco per fermare i piani di costruzione del governo brasiliano.
Secondo i progetti, la diga di São Luiz do Tapajós, nello stato del Parà, sarebbe la più grande dell’ Amazzonia dopo quella di Belo Monte. E verrebbe affiancata dalla costruzione di decine di altre dighe, finendo per allagare la foresta e mettendo a rischio numerose specie endemiche, oltre alla stessa sopravvivenza fisica e culturale dei Munduruku, una popolazione indigena di 12 mila persone che abita queste terre da sempre.
Greenpeace ha chiesto a nove ricercatori indipendenti di condurre un’analisi critica dei documenti necessari per autorizzare il progetto: la Valutazione di impatto ambientale e lo Studio di impatto ambientale (VIA/RIMA in portoghese), consegnati l’anno scorso alle autorità competenti da Eletrobras, una delle principali compagnie elettriche brasiliane.
I risultati dell’analisi, appena resi pubblici, mostrano che la documentazione fornita da Eletrobras non adempie al suo compito fondamentale: anziché offrire informazioni sui rischi ambientali del progetto per poter decidere se autorizzare la costruzione delle dighe, di fatto è solo uno strumento per legittimare scelte politiche già prese. Greenpeace chiede dunque che le autorizzazioni siano respinte, non solo per le omissioni tecniche, ma anche perché le popolazioni native non sono state consultate.
«Ancora una volta, la discussione sulla costruzione di imponenti centrali idroelettriche è stata condotta senza consultare le popolazioni locali, come è invece previsto dalla Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, di cui il Brasile è firmatario. Tutti i cittadini, a partire dalle comunità più esposte ai rischi, dovrebbero essere coinvolte e avere voce in capitolo nel processo decisionale. Il governo brasiliano deve ascoltare i Munduruku e rispettare i loro diritti», commenta Martina Borghi, Campagna Foreste di Greenpeace Italia.
Prima della sua pubblicazione, l’analisi commissionata da Greenpeace è stata presentata a un’assemblea degli indigeni Munduruku, in modo che tutti, e in particolare i vecchi saggi della tribù, fossero informati sugli effetti del megaprogetto. I Munduruku riuniti in assemblea hanno riaffermato la loro volontà e il loro diritto a opporsi alla diga sul fiume Tapajós.
Continua dunque la battaglia di Greenpeace al fianco delle popolazioni indigene in Amazzonia. Dopo aver aiutato i Ka’apor a mappare la foresta dell’Alto Turiaçu, nello stato di Maranao, per contrastare il trafficanti di legname, ora l’associazione ambientalista sarà al fianco dei Munduruku per impedire che la costruzione delle dighe sul fiume Tapajós stravolga la regione di São Luiz do Tapajós.