Il valore di mercato della produzione veneta di olive è aumentato nell’ultimo anno del 110%, passando dai 9,25 euro al kg agli attuali 20,2 euro. A presentare a Expo 2015 l’andamento e le prospettive di una coltura di nicchia che in Veneto prospera anche in quota è stato il Consorzio di tutela Olio extra vergine di oliva Veneto, che conta 400 soci produttori per un totale di 4500 ettari coltivati a olivo e una produzione complessiva di 6-7000 quintali di olio l’anno, 800 dei quali diventano Dop. “Grazie alla grande abilità dei nostri agricoltori e alle coltivazioni in quota – confermano Daniele Salvagno e Andrea Bertazzi, presidenti rispettivamente del Consorzio di Tutela olio veneto e del Consorzio olio del Garda – il raccolto delle ultime due stagioni ha raggiunto un’alta qualità di prodotto, che è stato premiata dal mercato”.
“La filiera dell’olio è una produzione di nicchia – sottolinea l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan – ma rappresenta una peculiarità della tradizione veneta ed è diventata una sfida innovativa per la conservazione della biodiversità, la tutela e la valorizzazione del paesaggio e la competitività delle aziende del primario”.
Sono 10 le varietà di olivo autoctone del Veneto e danno vita due oli a denominazione di origine protetta: Garda Dop e Veneto Dop. Quest’ultimo comprende tre denominazioni: Valpolicella, Euganei e Berici, e “del Grappa”. Il Veneto è l’unica regione d’Italia a vantar ben due Dop.
L’80% del prodotto è riconducibile agli oliveti della collina veronese e del Garda, nel territorio della Valpolicella, il restante proviene dai Colli Euganei, in provincia di Padova, dai colli Berici (in provincia di Vicenza) e dalla Lessinia, in provincia di Verona, e dalla pedemontana veneta, in provincia di Treviso.
Nelle colline della pedemontana veneta la coltivazione dell’olivo si spinge fino ai 500 metri di altitudine. I produttori hanno in genere piccole piantagioni che variano da 50 a 200 piante e seguono la coltivazione e la trasformazione con grande passione e cura. Si fa particolare attenzione alla riscoperta e valorizzazione di antiche ‘cultivar’ come la Belvedere, il cui nome richiama lo sguardo che da quelle colline spazia verso la pianura.