Intervista a Gianandrea Giovannardi, studente di Agraria – La nuova vita della “Mela Rosa”, della “Pera spadona d’inverno” e della “Pera Spina”.

Appennino Tosco Emiliano, Alta Valle dell'Idice.
Appennino Tosco Emiliano, Alta Valle dell'Idice.

Prosegue il viaggio attraverso il recupero dei prodotti antichi delle nostre terre, che il tempo ha nascosto al palato e ai mercati. Dopo le pere della Valle del Sinni, ci spostiamo sull’Appennino Tosco-Emiliano, dove Gianandrea Giovannardi, che sta ultimando gli studi presso la Facoltà di Agraria di Firenze, si è dedicato a mele e pere.
Che tipo di pianta/e ha recuperato?
Il lavoro di recupero ha interessato alcune varietà di piante da frutto tradizionalmente presenti nel territorio appenninico del comune di Firenzuola (FI).

Gianandrea Giovannardi, studente di Agraria
Gianandrea Giovannardi, studente di Agraria
Per le particolari caratteristiche pedoclimatiche della zona e per la loro maggiore diffusione, la ricerca si è al momento concentrata su varietà di mele e pere. In particolare sono state individuate come maggiormente diffuse le varietà “Mela Rosa”, “Pera spadona d’inverno”, “Pera Spina”.
Cosa l’ha portata a questa scelta?
L’idea alla base di questo lavoro è stata la salvaguardia di vecchie varietà che nel tempo si sono acclimatate e sono state utilizzate nella zona. Storicamente il territorio costituiva il confine tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio; per questo motivo il flusso di merci tra i due stati ha portato ad interessanti “contaminazioni” culturali e ,appunto, agricole. Appare infatti che poche varietà siano tipiche esclusivamente di questo territorio ma piuttosto che nel tempo abbiano sviluppato particolari caratteristiche di resistenza e adattamento rispetto alle zone di origine.
Pero Spadona
Pero Spadona
Come ha realizzato il recupero?

In una prima fase sono state individuate alcune vecchie piante presenti in aziende e giardini della zona, cercando poi di identificarne la varietà e l’origine, sia dalle caratteristiche della pianta stessa e dei suoi frutti sia dalle indicazioni dei proprietari. Confrontando poi tali osservazioni con testi pomologici del passato nonché con l’aiuto di esperti vivaisti, è stato possibile nella maggior parte dei casi classificare con certezza il materiale in esame. Gli interventi successivi ,che ora sono in fase di svolgimento, prevedono la moltiplicazione per innesto di queste varietà ed il loro successivo impianto.
Ha incontrato delle difficoltà?
L’impegno maggiore è stato senza dubbio l’identificazione delle varietà. Questo perché le vecchie descrizioni, per quanto dettagliate, non sempre sono state di chiara interpretazione e difficilmente riconducibili alle denominazioni locali.
Che tipo di produzione ha e a chi si rivolge?
Al momento due sono gli obiettivi da raggiungere. Da una parte la realizzazione di un piccolo frutteto campionario per il mantenimento della biodiversità varietale.
Dall’altra si ipotizza la realizzazione di piccoli impianti produttivi per quelle varietà che possano risultare ancora oggi valide per qualità organolettica e produzione.
Pianta di fico.
Pianta di fico.
Ha in programma altri interventi?

Continua ancora la ricerca di piante di altre varietà per quanto riguarda mele e pere ma gli interventi di recupero vorrebbero riguardare anche altre specie tra cui in particolare il ciliegio, anch’esso piuttosto presente nel territorio, ed alcuni frutti minori, un tempo spesso presenti attorno alle case ed oggi pressoché scomparsi. In particolare il fico, del quale ho riscontrato un paio di varietà acclimatatesi in modo ottimale ed il Mespilus germanica (Nespolo selvatico), la cui presenza come selvatico non mi è nota nella zona ma del quale ho rinvenuto alcune vecchie piante residuali.

Leggi anche:

Intervista a Domenico Mele, agronomo – Le pere antiche della valle del Sinni, il recupero possibile

Frutti del passato, passione sostenibile

Lascia un commento

Your email address will not be published.

- Advertisement -