Una bottiglia o un sacchetto di plastica hanno un tempo di degradazione che va dai 500 ai 1.000 anni, contro una vita media di utilizzo brevissima, nel caso del classico sacchetto della spesa solo il tempo necessario al trasporto fino a casa. E magari quello legato al riutilizzo come contenitore per la spazzatura.
Con un potenziale dannoso amplissimo: oltre all’inquinamento, in particolare dei mari, si stima che ogni anno le buste di plastica uccidano 1 milione di uccelli e oltre 100mila esemplari tra mammiferi marini e tartarughe.
E’ per questo che il legislatore ha regolamentato produzione e utilizzo dei sacchi per l’asporto delle merci, vietando in pratica, con un decreto del 2012, la commercializzazione della busta di plastica a cui eravamo abituati per sostituirla con prodotti a base di bioplastiche. Dal 21 agosto 2014 viene applicata anche una sanzione amministrativa pecuniaria – da 2.500 a 25.000 euro, moltiplicata per 4 nei casi più gravi – in caso di commercializzazione di sacchi per l’asporto merci (shoppers) monouso realizzati con polimeri non conformi alla norma tecnica UNI EN 13432:2002 (Requisiti per imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione) e di shoppers riutilizzabili non conformi alle caratteristiche di spessore e di presenza di materiale riciclato fissate per decreto.
Una ragione in più, per chi svolge un’attività commerciale, per porre particolare attenzione nella scelta dei sacchetti da offrire alla propria clientela, che devono essere opportunamente certificati.
Eppure, secondo le stime di Assobioplastiche, una shopper usa e getta su due che circola in Italia non è compostabile oppure è un falso bio.
Quali controlli effettuare? Prima di tutto, per le buste monouso biodegradabili e compostabili – mollicce al tatto, sono ottenute da amido di mais, di patata o poliestere – controllare l’incisione del logo di compostaggio impresso sul materiale. Un esempio di Certificazione Vinçotte Uni–En 13432 è visibile sul sito di Celvil.
Ricordiamo che sono banditi quei sacchetti senza marchio o con i marchi oggi fuorilegge in Italia, ovvero quelli in polietilene, polietilene a bassa densità e polietilene ad alta densità. Vietati anche i finti nuovi sacchetti ecologici (oxodegradabili in polietilene) che in realtà non sono biodegradabili e non sono compostabili anche se riportano scritte e diciture che richiamano all’ecologia e all’ambiente. Sono fatti di polietilene (PE) addizionato di sostanze che alla luce frantumano in tanti pezzetti il sacchetto.
Non possono essere utilizzati nemmeno i sacchetti di plastica riciclata, riconoscibili dal marchio “Plastica Seconda Vita”, che, grazie alla loro robustezza, si riutilizzano più volte e sono ottenuti da plastica proveniente dalla raccolta differenziata.
Il divieto non riguarda al momento i sacchetti per imbustare frutta e verdura in polietilene utilizzati nei reparti ortofrutta di negozi e market, non essendo ritenuti “da asporto” ma a “protezione” dell’alimento.
Ma packaging flessibile sostenibile non significa solo shoppers. Oggi le bioplastiche si stanno dimostrando una soluzione importante per il confezionamento, grazie allo sviluppo di materiali di origine biologica dotati di interessanti specifiche tecniche: possono essere stampati con facilità anche senza pre-trattamenti, hanno superfici lucenti e gradevoli e sono una valida barriera contro olii, grassi e gas. Ci sono poi anche i bio film. Celvil, ad esempio, propone il biopolimero Pla, un materiale compostabile prodotto con il mais; deriva dall’acido polilattico ed è adatto alla produzione di pellicole per l’imballaggio di dolciumi, prodotti da forno, e alimenti freschi e secchi.
Favorire e migliorare la gestione ambientale degli imballaggi in plastica biodegradabili e compostabili è poi un obiettivo all’attenzione di molte associazioni di operatori del settore: allo scopo è stato firmato lo scorso giugno un accordo biennale da Corepla, Conai, Assobioplastiche e il Consorzio Italiano Compostatori (CIC).
Shopper, la normativa
Il Decreto Legislativo 2/2012 prevede la possibilità di commercializzare le seguenti categorie di sacchi per il trasporto delle merci:
1. monouso biodegradabili e compostabili (in base alla norma UNI EN 13432:2002)
2. riutilizzabili, anche se dotati di composizione di polimeri differente da quelli biodegradabili e compostabili, se forniti di uno dei seguenti spessori:
200 micron se con maniglia esterna e destinati all’uso alimentare;
100 micron se con maniglia esterna e non destinati all’uso alimentare;
100 micron se con maniglia interna e destinati all’uso alimentare;
60 micron se con maniglia interna e non destinati all’uso alimentare.
Tali informazioni, secondo la legislazione di riferimento, devono essere riportate sui sacchetti stessi al fine di garantire una corretta informazione ai consumatori.