Gli italiani a tavola sono green

Dall’aumento del 50% degli acquisti di alimenti senza glutine all’incremento del 20% di quelli biologici senza l’uso della chimica fino al boom dei consumatori che chiedono la garanzia “Ogm free” e agli oltre 15 milioni di italiani che cercano prodotti a chilometri zero, è svolta green degli italiani a tavola nel 2015 per effetto di un deciso orientamento a fare scelte guidate oltre che dal prezzo, anche da attributi di salubrità e naturalità dei prodotti. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione di Cibus.

Un exploit da ricondurre – sottolinea la Coldiretti – all’ attenzione per il benessere, la forma fisica e la salute, oltre che la crescente diffusione di intolleranze alimentari. Una tendenza in forte ascesa nonostante il sovraprezzo poichè il 70% degli italiani è disposto a pagare di piu’ un alimento del tutto naturale, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm, il 62% per un prodotto bio e il 60% per uno senza coloranti, secondo l’ultimo rapporto Coop. Se gli acquisti di prodotti biologici confezionati fanno registrare un incremento record del 20 per cento con piu’ di un italiano su 3 che dichiara di acquistare cibi bio o naturali, sono quindici milioni le persone che mettono nel carrello prodotti locali a chilometri zero, mentre ad acquistare regolarmente prodotti tipici legati al territorio sono ben 2 italiani su tre secondo l’indagine Doxa per Coop.
Dopo sette anni si è verificata una inversione di tendenza con i consumi alimentari nazionali che hanno ripreso a crescere anche se con un debole aumento dello 0,4 %, ma a conferma della svolta salutistica, la spesa registra un balzo per i prodotti simbolo della dieta mediterranea che va dal +5% per il pesce al +19% per l’olio di oliva, ma cresce anche la spesa per la frutta (+5%), per gli ortaggi freschi (+3%) e per la pasta secca (+1%), secondo elaborazioni Coldiretti su base dei dati Ismea relativi a undici mesi del 2015.
La svolta verso la qualità riguarda anche i consumatori di Made in italy alimentare all’estero con circa un prodotto alimentare italiano esportato su cinque che – sottolinea la Coldiretti – è “Doc” con il valore delle esportazioni realizzato grazie a specialità a denominazione di origine, dai vini ai formaggi, dalle conserve all’olio fino ai salumi, che rappresenta appunto il 21% del totale. Questi prodotti sono stati determinanti nel consentire all’Italia di raggiungere nel 2015 il record storico delle esportazioni agroalimentari di 36,8 miliardi, un valore che è praticamente raddoppiato negli ultimi dieci anni (+74%). A trainare – sottolinea la Coldiretti – è soprattutto il vino che fa registrare un aumento dell’80 per cento nel decennio per raggiungere nel 2015 un valore delle esportazioni di 5,4 miliardi che lo colloca al primo posto tra i prodotti della tavola Made in Italy all’estero. Al secondo posto – precisa la Coldiretti – si posiziona l’ortofrutta fresca con un valore stimato in 4,4 miliardi nel 2015, ma con una crescita ridotta e pari al 55%, mentre al terzo posto sul podio sale la pasta che raggiunge i 2,4 miliardi per effetto di una crescita del 82% nel decennio. Nella top five ci sono anche i formaggi che hanno raggiunto un export stimato a 2,3 miliardi con un balzo del 95% in dieci anni, mentre la classica “pummarola” fa salire la voce pomodori trasformati a 1,5 miliardi (+88% nel decennio). A determinare l’ottima performance dell’agroalimentare italiano sono stati però anche – precisa la Coldiretti – l’olio di oliva che è aumentato del 24% nel periodo considerato per raggiungere 1,4 miliardi a pari merito con i salumi.
Con i prodotti originali sono però aumentate sui mercati esteri anche le imitazioni con l’agropirateria internazionale che fattura sul falso Made in Italy a tavola 60 miliardi di euro nel mondo, quasi il doppio dei prodotti originali”, – denuncia la Coldiretti – nel sottolineare l’importanza di un’azione più decisa dentro e fuori l’Europa. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati – rileva la Coldiretti – ci sono i formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i nostri salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso “clonati”, ma anche gli extravergine di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.
A questa realtà però – conclude la Coldiretti – se ne aggiunge pero’ una ancora più insidiosa: quella dell’italian sounding di matrice italiana, che importa materia prima dai Paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare traccia, attraverso un meccanismo di dumping che danneggia e incrina il vero Made in Italy’, perché non esiste ancora per tutti gli alimenti l‘obbligo di indicare la provenienza in etichetta.

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