Fotovoltaico e “taglia bollette” – Intervista ad Andrea Zaghi, responsabile centro studi e relazioni esterne di assoRinnovabili

Andrea Zaghi, assoRinnovabili
Andrea Zaghi, assoRinnovabili

Continuano gli appelli di assoRinnovabili in difesa del fotovoltaico, in vista dell’adozione di misure “taglia bollette” da parte del Governo. L’associazione, che rappresenta circa 500 operatori – produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili, fornitori di servizi professionali, tecnologie e componenti attivi nella filiera rinnovabile – e più di 1.300 impianti per un totale di oltre 10.000 MW di potenza elettrica installata, non condivide gli interventi previsti dal decreto di imminente adozione. Abbiamo chiesto perché ad Andrea Zaghi, responsabile centro studi e relazioni esterne di assoRinnovabili.
In cosa consistono i tagli operati dal Governo e chi vanno a colpire?
Il decreto legge non è ancora stato pubblicato e a quanto ci risulta non è ancora stato inviato nemmeno al Presidente della Repubblica, però pensiamo sia questione di ore, al massimo giorni. Con questo decreto si andrebbe a introdurre una spalmatura degli incentivi degli impianti fotovoltaici sopra i 200 kW da 20 a 24 anni. In pratica il montante incentivi che dovrebbe essere assegnato a ogni singolo impianto invece di essere dato in 20 anni verrebbe dato in 24, senza peraltro nessun tasso di rendimento per la dilazione del pagamento. Il rinvio avrà un impatto fortissimo sui conti delle imprese, con cali nei fatturati annuali nell’ordine del 15%.
Parliamo di grandi impianti?
Da 200 kW in su, ma non sono poi nemmeno così grandi, per fare un esempio potrebbe essere il caso anche di un impianto sopra il capannone di un’impresa, andando in su, naturalmente, se si ragiona di impianti da 1 megawatt o di qualche megawatt incominciano ad essere impianti grandi, assolutamente. Verranno colpite tutte le imprese che come attività hanno proprio quella di produzione di energia fotovoltaica. Non sono poche, sono cresciute molto negli ultimi anni e hanno assunto un approccio industriale. Se all’inizio potevano esserci degli operatori non con un approccio industriale che hanno visto dei buoni rendimenti con gli incentivi, questi stanno cercando di vendere i propri impianti sul mercato secondario. Gli operatori che sanno come si gestisce un impianto sono quelli che stanno rimanendo e stanno emergendo sempre di più. Con questa norma si va a colpire proprio chi vorrebbe creare sviluppo, know how e una ricchezza che rimane in Italia. Tutti gli investimenti fatti finora rischiano veramente di essere vanificati. Con questa misura si rischia il fallimento di una lunga serie di imprese, di piccole e medie imprese, perché anche gli impianti grandi non generano flussi economici così elevati per poter parlare di grandi imprese, siamo sempre nell’ambito di piccole e medie imprese.
In totale di quanti occupati si tratta?
In termini di occupazione siamo intorno ai 35mila – 40mila addetti e da nostre stime almeno 1 su 3 rischia il licenziamento, quindi si parla di licenziamenti per 10-15mila unità.
Ritenete che sarebbe così pesante la ripercussione?
Assolutamente sì, proprio per questo stiamo mettendo in campo tutte le iniziative sia in termini di campagne stampa, sia in termini di tavoli di discussione con i ministeri; da due mesi abbiamo aperto una vera e propria vertenza con il Ministero dello sviluppo economico. In un primo momento sembrava che ci potessero essere gli spazi perché accogliesse le nostre proposte, ne abbiamo presentate una decina alternative rispetto allo spalma incentivi. Su una in particolare, quella del bond o cartolarizzazione, sembrava che ci fosse condivisione. Era una proposta che faceva sì che il Gse, invece di approvvigionarsi per intero sulla componente A3, si approvvigionasse per circa l’80% sempre sull’A3 e per un 20% con un’obbligazione sul mercato finanziario, ma questa iniziativa, che tra l’altro già era stata pensata anche dal precedente ministro Zanonato, è stata ritenuta del Mef come a rischio debito di stato, essendo il Gse completamente controllato dal Ministero dell’economia.
E quindi per qualche settimana si è lavorato su questa proposta, che sembrava riuscisse a mettere d’accordo, permettendo di ridurre la bolletta senza affossare il settore del fotovoltaico, ma poi il Ministero dell’economia, quando ormai mancavano pochi giorni alla dead line che il governo aveva dato al Mise (Ministero dello sviluppo economico) ha dato questo responso, quindi il Mise è tornato sulla prima proposta che già ci aveva fatto e cha già ci aveva allarmato, di spalmatura secca degli incentivi.
Nell’ultima bozza di decreto legge che abbiamo avuto modo di visionare c’è un’alternativa, ovvero accettare volontariamente un taglio dell’incentivo dell’8% in 20 anni, ma da un punto di vista finanziario sarebbe poi equivalente all’ipotesi della spalmatura e che quindi riteniamo irricevibile.
Cosa state facendo per far fronte alla situazione?
Abbiamo anche interpellato il Presidente emerito della Corte costituzionale Valerio Onida, il quale ha scritto nero su bianco un parere in cui sostiene che questo tipo di iniziativa è assolutamente incostituzionale. Parere che abbiamo mandato anche alla Presidenza della Repubblica nella speranza che quando questo decreto legge arriverà alla Presidenza per la firma, il Presidente possa leggerlo. Onida avverte del fatto che partiranno sicuramente dei ricorsi alla Corte costituzionale, perché non può essere che in un paese civile, a nostro avviso, si costruiscano delle norme che permettono agli investitori di fare dei business plan, di indurre a decidere di creare ricchezza per un determinato periodo e dopo soli 3, 4, 5 anni venga tutto rimesso in discussione, tagliando di fatto i ricavi senza che chi ha fatto gli investimenti possa in alcun modo reagire. Questo significa perdere la reputazione del Paese, far allontanare forse definitivamente gli investitori stranieri; tra l’altro una quota importante dei 50 miliardi che sono stati investiti nel fotovoltaico deriva da investitori stranieri, che la prossima volta non verranno più. Questo accade in un momento nel quale il Governo sta cercando in tutti i modi di accreditarsi presso gli investitori internazionali, anche per trovare investimenti per il piano delle infrastrutture. Ma con “scherzi” di questo tipo, lo dico in senso ironico, che sta facendo a chi ha già investito, difficilmente troverà nuovi soggetti pronti a investire sul sistema pese.
Ha detto che sono molte le proposte che avete avanzato. Ne può ricordare altre?
In primo luogo vorrei precisare che il costo dell’energia elettrica all’ingrosso è calato moltissimo nell’ultimo anno e mezzo, da 70 a 40 euro Megavattora (MWh). Al momento al dettaglio ancora non si vede questo beneficio per alcune rigidità del mercato elettrico, ma siamo convinti che a partire dagli ultimi mesi del 2014 la bolletta elettrica si ridurrà del 10 – 15% per questo motivo. Per questa ragione non vediamo come mai il Governo abbia tutta questa fretta di ridurre la bolletta delle Pmi in questo modo, visto che poi farà chiudere altre Pmi che non hanno colpa. Tornando alle proposte, ne cito altre due: intervenie su altri oneri impropri che poco hanno a che fare con lo sviluppo del paese, ad esempio quello che in bolletta si paga per lo smantellamento delle centrali nucleari: a distanza di 30 anni dalla fine dell’avventura nucleare nel nostro Paese paghiamo ancora centinaia di milioni di euro per finanziare uno smantellamento che non è ancora terminato. E ancora, abbiamo proposto la riforma del mercato dei servizi di dispacciamento: a nostro avviso si potrebbero risparmiare una serie di denari che poi vanno in bolletta con una gestione più efficace delle riserve.

 

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