Clima, il 2016 l’anno più caldo

L’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) ha fornito dati sulla concentrazione media di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, che ha raggiunto il traguardo di 400 parti per milione (ppm) nel 2015, sulla base della banca dati del Noaa, il National Climatic Data Centre che rileva le temperature sul pianeta dal 1880.
Allo sforamento dei limiti di anidride carbonica ha fatto seguito un 2016 che si classifica come l’anno piu’ caldo di sempre a livello mondiale, da 137 anni fa quanto sono iniziate le rilevazioni, con la temperatura media registrata nei primi nove mesi sulla superficie della terra e degli oceani addirittura superiore di 0,89 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo.


Nella classifica degli anni più caldi a livello mondiale era in testa fino ad ora il 2015 davanti al 2014 e al, 2010 che – precisa la Coldiretti – è seguito dal 2013, dal 2005 e poi a pari merito dal 1998 e dal 2009 e a seguire il 2012 e poi il 2003, il 2006 e il 2007 a pari merito.
Per Coldiretti si tratta di una conferma della tendenza al surriscaldamento climatico. A preoccupare è anche il repentino capovolgersi del tempo con i cambiamenti climatici in atto che in Italia si manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi anche con il rapido passaggio dalla siccità all’alluvione, precipitazioni brevi e violente accompagnate anche da grandine con pesanti effetti sull’agricoltura italiana che negli ultimi dieci anni – continua la Coldiretti – ha subito danni per 14 miliardi di euro a causa delle bizzarrie del tempo.
L’agricoltura e’ l’attivita’ economica che piu’ di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici ma e’ anche il settore piu’ impegnato per contrastarli” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare “si tratta pero’ di una sfida per tutti che puo’ essere vinta solo se si afferma un nuovo modello di sviluppo piu’ attento alla gestione delle risorse naturali nel fare impresa e con stili di vita piu’ attenti all’ambiente nei consumi, a partire dalla tavola.
La coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee mentre in Sicilia, a Giarre ai piedi dell’Etna, si coltivano i primi avocado Made in Italy, frutto tipicamente tropicale e a Palermo si riescono addirittura produrre le prime banane nostrane.
Gli effetti del cambiamento si avvertono anche in Italia dove il 2015 si è classificato come l’anno più caldo della storia, da quando esistono i rilevamenti secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. L’effetto congiunto dei cambiamenti climatici e della globalizzazione degli scambi ha portato peraltro alla diffusione in Italia di parassiti “alieni” mai visti prima che si sono accaniti sulle produzioni nazionali, dalla Xylella degli ulivi al cinipide galligeno che ha decimato le castagne, dal punteruolo rosso che ha fatto strage di decine di migliaia di palme alla Tristeza degli agrumi e molti altri come testimonia la recente la biblica invasione nel Nord Italia della “cimice marmorata asiatica” particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all`anno con 300-400 esemplari alla volta. A favorirne la diffusione è stato un autunno particolarmente caldo con la moltiplicazione degli esemplari che non hanno in Italia antagonisti naturali.
Ma il cambiamento climatico si fa sentire anche sui prodotti tipici. Il riscaldamento provoca infatti anche – precisa la Coldiretti – il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto – continua la Coldiretti – mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di fattori naturali e umani. L’effetto serra taglia la resa delle colture di orzo e luppolo per la birra in Belgio e Repubblica Ceca e anche i produttori di champagne francesi sono in allarme per l’aumento delle temperature di quasi 1,2 °C negli ultimi 30 anni nella zona di coltivazione tanto che autorevoli studiosi hanno ipotizzato lo spostamento fino in Inghilterra della zone di coltivazione piu’ idonee. Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni piu’ alti d’Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

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