Finalmente inversione di tendenza nella disponibilità di castagne. Dopo diversi anni di cali così importanti da farne temere la scomparsa, torna a crescere la produzione di castagne Made in Italy con un aumento stimato in media del 20 per cento rispetto a un 2014 che aveva fatto segnare il minimo storico, per effetto degli attacchi del cinipide, il parassita cinese che fa seccare gli alberi ed ha provocato nei boschi italiani una vera strage. E’ quanto emerge da una indagine della Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta.
Coldiretti stima che il raccolto, di qualità ottima, risalirà quest’anno oltre i 20 milioni di chili, pur restando al di sotto della media. La situazione è in realtà a macchia di leopardo lungo la Penisola con una ripresa dei raccolti che arriva al 50 per cento in Toscana mentre è ancora in calo in Basilicata. A pesare sulla ripresa è stata anche l’attività di lotta al cinipide attraverso i lanci del suo nemico naturale, il parassitoide Torymus sinensis, che ha dato risultati positivi nei castagneti di molte regioni, pur se saranno necessari anni per ritornare ad un livello produttivo degno della tradizione nazionale. Basti dire che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale.
Il castagno – rileva Coldiretti – riveste peraltro un ruolo importante in molte aree collinari e montane del nostro Paese, non solo per la produzione di frutti e legno, ma anche per il presidio del territorio e per la salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico. La bellezza dei boschi, con castagni spesso centenari, rende fruibili tali luoghi anche per scopi turistici e di svago con l’habitat che risulta fondamentale per la selvaggina, per la produzione del caratteristico miele e per la raccolta dei funghi e dei piccoli frutti. Anche per questo restano molto popolari le feste e le sagre dedicate a castagne e marroni in tutta la penisola a partire da Cuneo dove fino a domenica 18 ottobre si svolge la Fiera Nazionale del Marrone, con un grande mercato dei produttori di Campagna Amica.
Nonostante il ritorno delle castagne Made in Italy resta il rischio – continua la Coldiretti – di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Turchia e dalla Slovenia, con le importazioni che nel giro di due anni sono quasi triplicate in valore, passando dai 38,7 milioni di euro in valore del 2012 ai 67,8 milioni di euro del 2013 fino ai 95,3 milioni euro del 2014 pari ad oltre 38 milioni di chilogrammi di castagne in guscio e 800.000 kg di castagne sgusciate, spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori, anche inferiori a 2 euro al chilo. Da qui la richiesta di Coldiretti di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Non sono noti invece i dati relativi alle importazioni di farina di castagne, perché non esiste un codice doganale specifico, ma solo un codice relativo alla farina ottenuta da frutti di diverse tipologie. Serve pertanto l’introduzione di un codice doganale specifico per la farina di castagne, in modo da poterne monitorare i flussi e l’obbligo di etichettatura di origine per i derivati a base di castagne.
Un modo per tutelare l’alta qualità della produzione made in Italy che conta ben dodici tipi di castagne che hanno ottenuto il riconoscimento europeo. Quattro si trovano in Toscana e sono il Marrone del Mugello Igp, il Marrone di Caprese Michelangelo Dop, la Castagna del Monte Amiata Igp e la Farina di Neccio della Garfagnana Dop mentre in Campania è riconosciuta la Castagna di Montella Igp e il Marrone di Roccadaspide Igp, in Emilia Romagna il Marrone di Castel del Rio Igp, in Veneto il Marrone di San Zeno Dop e i Marroni del Monfenera Igp, in Piemonte la Castagna Cuneo Igp e il Marrone della Valle di Susa Igp, e nel Lazio la Castagna di Vallerano Dop.
Le castagne, delle quali si conoscono oltre cento varietà, sono rimaste nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani da consumare in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti o elaborati secondi a base di carne.