È possibile uscire dal carbone entro il 2025, accelerando nel contempo il passaggio verso una drastica riduzione delle emissioni di anidride carbonica e quindi la piena adesione all’obiettivo dell’Accordo di Parigi sul clima? Questa la domanda che il WWF Italia ha rivolto agli analisti del REF-E alla vigilia (possibile) della definizione della versione finale della Strategia Energetica Nazionale. La risposta: si può fare, a determinate condizioni.
Molti Paesi europei, fa notare il Wwf, dalla Francia (2022) alla Gran Bretagna (2025) hanno deciso di uscire dal carbone. Il Belgio lo ha già fatto dal 2016. L’Olanda lo ha previsto dal 2030 nell’accordo della coalizione di governo. Finlandia, Portogallo, Irlanda, Austria, Svezia e Danimarca stanno decidendo di uscire dal carbone entro il 2025.
“L’Italia, la cui quota di carbone pesa relativamente poco in termini di elettricità prodotta (varia negli anni tra il 12 e il 16%), ma pesa molto per l’inquinamento e le emissioni climalteranti (40% circa delle emissioni del settore elettrico) può quindi assumere una decisione netta e concreta, degna di uno dei Paesi fondatori della UE. Questo influirà positivamente anche sui Paesi maggiormente dipendenti dal carbone, dalla Germania alla Polonia. “
Il WWF Italia ha dunque chiesto a REF-E (istituto di ricerche di economia e regolazione dell’energia con sede a Milano) di verificare, partendo dallo scenario delineato dalla SEN, le condizioni che permettano il phase‐out della generazione nazionale a carbone al 2025, riducendo i nuovi investimenti in infrastrutture di combustibili fossili.
I risultati dello studio hanno evidenziato la fattibilità del phase out al 2025 senza incrementare la capacità a gas e considerando lo sviluppo di accumuli, la partecipazione attiva della domanda ai mercati ed il potenziamento dell’infrastruttura di rete.
Tra le proposte tese ad accelerare l’attuazione della decisione di chiudere con il carbone entro il 2025, REF-E sottolinea l’importanza del cosiddetto Emission Performance Standard, cioè un limite di emissione di CO2 perché le centrali possano continuare a operare: tale limite dovrebbe essere, secondo anche le indicazioni del Parlamento Europeo, di 450gCO2/kWh. L’altra proposta, assunta da molti dei Paesi che stanno procedendo al phase out dal carbone, è quella di un carbon floor price, vale a dire l’introduzione di un costo minimo per gli operatori da associare alle emissioni di CO2.
Gli highlights dello studio
L’impatto sui prezzi finali dell’energia elettrica sarebbe limitato al 2025. Negli anni successivi, l’effetto combinato delle previsioni di prezzo dei permessi di emissione ai sensi della direttiva sull’Emission Trading e la maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili annullano il differenziale sul costo di generazione termoelettrico tra gli scenari.
A fronte dell’impatto sui prezzi nel breve periodo, lo scenario di stop al carbone entro il 2025 determina una riduzione del costo complessivo degli approvvigionamenti fossili e di copertura dei diritti di emissione per circa 0,6 miliardi di euro per anno al 2025 e 1 miliardo di euro l’anno al 2030. Lo scenario inoltre prevede, tra l’altro, minori costi di sviluppo di capacità a gas pari a 2 miliardi di euro comprensivi di 3,000 MW di ciclo combinato e infrastruttura gas in Sardegna.
La riduzione delle emissioni climalteranti nell’ipotesi di phase-out al 2025 è stimata nell’ordine di 20 MtCO2 anno per il 2025. Al 2030 la riduzione è stimata in 17 MtCO2. Il risparmio complessivo dell’operazione di phase-out è stimato in circa 100 MtCO2 nel periodo 2025-2030. Il risparmio in termini economici del mancato acquisto di permessi di emissione, assumendo un costo medio nel periodo di 25 €/tCO2 è stimabile quindi in circa 2.5 miliardi di euro.
Lo scenario WWF 2025 non pone problematiche significative in termini di adeguatezza del sistema elettrico. La copertura del fabbisogno potrebbe essere garantita con standard accettabili includendo lo sviluppo di 1000 MW di accumuli e la partecipazione attiva della domanda alla fornitura di servizi di flessibilità al sistema ed assumendo oltre al potenziamento della rete di trasmissione come previsto dal Piano di Sviluppo di Terna al 2025 il raddoppio del cavo Sardegna-Italia. Per quanto riguarda la garanzia della sicurezza del sistema a livello locale, questa andrà gestita con degli studi per l’identificazione delle diverse opzioni.
Nello specifico degli approvvigionamenti della Sardegna, lo scenario prevede la copertura del fabbisogno dell’isola con un incremento dei contributi da fonti rinnovabili, il potenziamento dei collegamenti con il continente per ulteriori 1000 MW e l’installazione di almeno 250 MW degli accumuli previsti a livello nazionale (1 GW). Lo scenario non contempla il ricorso a centrali a gas naturale e lo sviluppo della relativa infrastruttura.