Tigri a rischio, ne rimangono 3.900

29 luglio giornata mondiale della tigre. Il WWF lancia un appello ai governi affinchè rafforzino ogni sforzo per combattere il bracconaggio, una piaga che sta mettendo in crisi la fauna selvatica in tutta l’Asia, in particolare le tigri: quelle rimaste in tutto il pianeta sono appena 3.900.
Un secolo fa ce n’erano 100.000, presenti in 25 paesi: oggi solo 10 di questi hanno ciò che resta della tigre, con un habitat ridotto del 97% .

Negli ultimi dieci anni la tigre si è drammaticamente estinta in paesi chiave come Laos, Vietnam e Cambogia. Oggi, spiega il WWF, il pericolo principale è rappresentato dai lacci, micidiali armi ‘passive’ che i bracconieri seminano ovunque nelle foreste dove vivono le tigri: facili e veloci da costruire, basta un cavo d’acciaio come quello dei freni delle biciclette, il numero di queste trappole è raddoppiato diventando una vera piaga per le foreste asiatiche.
La ‘domanda’ purtroppo nasce ancora nei paesi che alimentano il traffico illegale di specie protette, soprattutto quelli asiatici che utilizzano ogni parte della tigre nella medicina tradizionale o nella confezione di trofei. Il commercio illegale di fauna selvatica ormai raggiunge i 20 miliardi di dollari annui e la ‘manodopera’ locale utilizza sempre di più i lacci per intrappolare tigri selvatiche, elefanti, leopardi e altri animali molto richiesti dal mercato nero. Questo traffico illegale è il quarto al livello globale dopo quello di droga, traffico di esseri umani e merci contraffatte.
“I lacci sono pericolosi e insidiosi e stanno diventando un fattore determinante dell’onda di estinzione che si sta propagando in tutto il Sud-Est asiatico e che coinvolge anche le tigri. E’ una minaccia che rischia di vanificare tutti gli sforzi finora fatti per difendere le ultime tigri rimaste in Asia. E’ indispensabile un forte impegno e maggiori investimenti da parte dei governi per aiutare i ranger, in prima linea nella conservazione della tigre, ad eliminare le trappole e rintracciare i bracconieri” ha dichiarato Mike Baltzer, responsabile del WWF Tigers Alive.
La tutela della tigre comporta anche la conservazione di habitat interi che garantiscono cibo, acqua e protezione dai tanti eventi estremi dovuti al cambiamento climatico per le popolazioni che vivono in quelle aree, ma anche ecoturismo, prodotti farmacologici dalla foresta. Si è provato a calcolare l’indotto generato da 25 servizi ecosistemici forniti da 6 delle 47 riserve in India dove la specie è presente, ed anche il valore potenziale complessivo che queste rappresentano, considerato come un capitale naturale ‘messo in banca’. Bisogna ricordare che in India vive ancora la metà della popolazione mondiale della specie, con oltre 2200 individui. Le 6 riserve studiate sono Corbett, Kanha, Kaziranga, Periyar, Ranthambore e Sundarbans. La ricerca ha svelato numeri sorprendenti: il flusso economico generato annualmente dalle riserve prese in esame ammonta complessivamente ad una somma compresa tra 110 e 230 milioni di euro l’anno, corrispondenti a 666-2.500 euro per ettaro all’anno. Se si considera invece il valore potenziale attribuibile agli ecosistemi forestali in esse tutelati (come se fosse un ‘capitale naturale’ depositato in banca), i numeri delle 6 riserve sono da capogiro: da 293 milioni di euro a oltre 8 miliardi e mezzo di euro, sebbene molti dei benefici generati dalle riserve non siano stati valutati perché intangibili, ma non meno importanti: valori sociali, estetici, culturali ed anche spirituali.

I lacci, armi mortali – Nelle rare occasioni in cui una tigre riesce a liberarsi della trappola, le lesioni che questa provoca la indeboliscono e la rendono incapace di cacciare destinando così l’animale a morire di fame e di infezioni. I lacci, inoltre, uccidono anche le prede delle tigri, assestando così un doppio colpo ai felini che vedono impoverire la base stessa del loro sostentamento.
“È impossibile sapere quanti lacci vengono nascosti ogni giorno: sicuramente sono centinaia di migliaia quelli rimossi ogni anno dai rangers nelle aree protette dell’Asia, ma si tratta solo della punta dell’iceberg “, ha dichiarato Rohit Singh, Presidente della Ranger Federation in Asia ed esperto di normative di tutela della fauna per il WWF.
Persino in uno degli Habitat Patrimonio UNESCO, la foresta tropicale di Sumatra, l’unico luogo al mondo dove vivono nello stesso habitat tigri selvatiche, oranghi, elefanti e rinoceronti, si stima che tra il 2006 e il 2014 le trappole siano raddoppiate.
Tuttavia, molti di questi habitat critici non dispongono di risorse adeguate per la protezione. Nella vicina Rimbang Baling, una delle aree protette di Sumatra, uno sparuto drappello di ranger, appena 26, hanno il compito di controllare oltre 1400 chilometri quadrati, un’area grande quasi il doppio della città di New York City. “Rimuovere queste trappole non basta: i rangers che setacciano il territorio devono essere supportati da maggiori risorse e da una legislazione efficace per poter agire contro i criminali di natura” – ha aggiunto Singh. “Inoltre, le comunità locali devono essere riconosciute e potenziate come attori principali nella conservazione. La protezione della biodiversità è una garanzia sia per la fauna selvatica che per le popolazioni”.
Nel Parco Nazionale di Gunung Leuser, che rappresenta quasi un terzo dell’intero Patrimonio forestale UNESCO di Sumatra, il valore dei servizi della natura (ecosistemici) è di oltre 600 milioni di dollari l’anno; il parco ‘conserva’ anche oltre 1,6 miliardi di tonnellate di carbonio e garantisce l’acqua a 4 milioni di persone. Le comunità locali dipendono fortemente da queste risorse per la loro sopravvivenza, rendendo ancora più imperativa la lotta al bracconaggio.
C’è anche una richiesta da parte di tutte le organizzazioni di protezione della natura asiatiche affinché vengano adottate misure urgenti: in Cambogia, gruppi di conservazione guidati da Wildlife Alliance stanno lanciando un movimento di sensibilizzazione per educare il pubblico ad evitare il consumo di carne che proviene dall’ambiente naturale, un fattore che alimenta ulteriormente la crisi della fauna selvatica.
Nel 2010, i governi dei paesi in cui la tigre era o è ancora presente, si sono impegnati a raggiungere un obiettivo di conservazione molto ambizioso mai adottato per una singola specie: TX2 raddoppiare il numero di tigri selvatiche entro il 2022. Dal 2016, l’onda lunga del declino della specie rispetto al numero globale si è finalmente fermata e i dati stanno pian piano risalendo, un segno di speranza per la conservazione globale della tigre. Ma senza uno sforzo congiunto contro la piaga delle trappole la crisi della tigre è destinata a riprendere.

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