Dopo la Cassazione, anche la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il referendum sulle trivelle: il quesito, proposto da nove regioni, riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. A proporlo sono nove Consigli regionali.
I quesiti referendari proposti e accolti dalla Corte di Cassazione erano sei, poi il Governo ha ribadito, nella legge distabilità, il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia mare.
La Cassazione ha dovuto quindinuovamente valutare i referendum e a quel punto ne ha ritenuto ammissibile solo uno, il sesto: il quesito riguarda nello specifico la norma che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la “durata della vita utile del giacimento”.
Oggi c’è stato l’esame della Corte Costituzionale, che ha ritenuto ammissibile solo questo referendum, per l’abrogazione della norma.
In un primo tempo le Regioni promotrici erano dieci, ma nei giorni scorsi l’Abruzzo ha scelto una diversa strategia e ha abbandonato la campagna referendaria.
Il commento di Luca Zaia – “Il primo obiettivo, quello della possibilità di effettuare il referendum, è stato raggiunto, ma ora dobbiamo guardare al traguardo decisivo: quello di impedire le trivellazioni nei nostri territori e nel nostro mare e mettere la parola fine a questa spada di Damocle che pende sulle teste di milioni di cittadini e aziende del Veneto e delle altre regioni adriatiche”.
“Noi continuiamo a opporci con fermezza alle perforatrici che il governo Renzi vuole calare sui nostri territori – ribadisce Zaia – e a lottare con ogni mezzo contro lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico, che potrebbero provocare enormi danni al nostro ambiente e all’economia turistica costiera. Ora anche i cittadini potranno dire di no a questa sciagura”.
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano – “Il presidente Renzi dev’essere contento perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Partito democratico dev’essere contento per definizione”. “La campagna referendaria contro le trivelle”, ha aggiunto, “comincia subito”.
La Fondazione Univerde – «Nonostante pressioni e tradimenti – commenta Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro dell’Ambiente e oggi Presidente della Fondazione UniVerde – messi in atto dal Governo per impedire il referendum, oggi la Corte Costituzionale ha dato via libera a un referendum No Triv. Si voti a Giugno con le amministrative».
«In questi giorni si è assistito a pressioni di ogni tipo da parte del Governo tanto che la Regione Abruzzo si è sfilata dalla richiesta di referendum e si è a costituita addirittura davanti alla Consulta contro le altre regioni, con un voltafaccia senza precedenti. Nonostante questi tentativi di sabotaggio, oggi la Corte Costituzionale ha dato via libera a un referendum No Triv. Molte regioni hanno già annunciato un ricorso per ottenere che almeno altri due quesiti referendari possano essere recuperati».
«Occorre agire sin da subito – continua Alfonso Pecoraro Scanio – per la difesa del referendum perché il Governo cercherà, con altri inganni, di sottrarre in ogni modo ai cittadini la possibilità di votare sul futuro energetico del nostro Paese. Bisogna votare a Giugno, in contemporanea con le elezioni amministrative, in modo da ridurre i costi elettorali e il tentativo di ritardare il voto referendario con l’obiettivo di non far raggiungere il quorum».
«L’Italia – conclude – grazie alle scelte energetiche del 2007, e nonostante gli ostacoli dei successivi dei Governi pro nucleare e pro Triv, ha il record mondiale di produzione di elettricità da energia solare e di crescita delle rinnovabili. Pensare a investire ancora sulle trivellazioni petrolifere è un’assurdità si dal punto di vista ecologico ed economico»
Le associazioni ambientaliste – «La Sentenza della Corte Costituzionale, che ha confermato il referendum sulle trivelle sul quesito già “promosso” dalla Corte di Cassazione, ci dà lo spunto per rilanciare richieste chiare al Governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra, sino a quando non sarà definito un Piano energetico nazionale volto alla protezione del clima e rispettoso dei territori e dei mari italiani». Con questo commento le associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club italiano e WWF accolgono il giudizio della Consulta, che conferma l’inefficacia del tentativo del governo di scongiurare il referendum sulle trivelle. La decisione della Corte Costituzionale chiarisce come quanto disposto con gli emendamenti alla legge di Stabilità lo scorso dicembre, benché segni un dietro front radicale (e positivo) del governo, non risolva – sulla questione della fascia marina off limits – il conflitto sollevato dalle Regioni contro la strategia fossile del governo Renzi. Le associazioni ambientaliste fanno notare come la volontà del Governo di tutelare gli interessi dell’economia fossile (con le norme pro trivelle come con gli interventi per bloccare lo sviluppo delle rinnovabili) abbia creato un conflitto istituzionale senza precedenti nel Paese. Pur di assecondare le lobby dei petrolieri, l’esecutivo Renzi aveva promosso forzature inaccettabili, come la classificazione delle trivellazioni come “opere strategiche” (dunque imposte a forza ai territori) e la creazione di servitù potenzialmente senza limiti di tempo, con concessioni prorogabili ad oltranza. Con le modifiche introdotte nella Legge di Stabilità 2016, grazie all’iniziativa referendaria, l’esecutivo di Renzi è stato in larga misura costretto a smentire se stesso.
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