Progressi insufficienti nella tutela dei beni comuni. Sembra incredibile eppure è ancora così, nonostante la presenza di segnali positivi o comunque nonostante il profilarsi di cambiamenti di scenario, cui hanno concorso la crisi economica degli ultimi anni e una certa rivitalizzazione del settore agricolo.
Il crollo del settore delle costruzioni ha infatti ridimensionato la pressione dell’edilizia sul territorio, mentre l’ultimo Censimento registra, per la prima volta dal 1970, una battuta d’arresto nella perdita di superficie agricola utilizzata (Sau).
Allo stesso tempo sono emerse altre minacce, legate proprio all’evoluzione dell’agricoltura
– dall’accelerazione delle dinamiche di abbandono delle colture nelle aree interne all’espansione delle monocolture industrializzate – che sollecitano una nuova politica forestale e misure specifiche per la tutela dei paesaggi rurali.
Perdurano forti disuguaglianze regionali nella tutela dei beni comuni, e in particolare del territorio; un altro effetto della crisi è la sopravvivenza dell’abusivismo edilizio, in proporzioni senza riscontro nelle altre economie avanzate. Nel 2014, ogni 100 costruzioni autorizzate, ne sono state realizzate 17,6 abusive in tutta Italia, e più di 40 nel Mezzogiorno. La spesa dei comuni per la gestione del patrimonio culturale è di 10,1 euro pro-capite a livello nazionale nel 2013, nel Mezzogiorno scende a 4,3.
Alla crisi si collega anche una forte contrazione degli investimenti nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale. Nonostante la tenuta complessiva della spesa pubblica, va ricordato che gli attuali livelli di investimento sono inadeguati in rapporto all’eccezionalità del patrimonio culturale italiano e alla media dei paesi europei: l’Italia spende lo 0,3% del Pil, contro lo 0,8% della Francia e lo 0,5% della media Ue.
Infine continua a crescere la quota delle persone che esprimono un giudizio fortemente negativo sul paesaggio del luogo di vita (da 18,3% del 2012 a 20,1% del 2014) – segno di un deterioramento dei paesaggi urbani che si associa, soprattutto nel Mezzogiorno, all’inconsistenza delle politiche di recupero e riqualificazione dei centri storici. Tali politiche, d’altro canto, si dimostrano finalmente efficaci in gran parte del Paese: nel 2011, il 61,2% degli edifici costruiti prima del 1919 e rilevati nel 2001 sono in ottimo o buono
stato di conservazione.
L’indice composito per il paesaggio e il patrimonio culturale (composto da: spesa pubblica comunale corrente destinata alla gestione del patrimonio culturale; indice di abusivismo edilizio; erosione dello spazio rurale da dispersione urbana; erosione dello spazio rurale da abbandono e consistenza del tessuto urbano storico) mostra un peggioramento non drammatico ma generalizzato in tutte le ripartizioni. Fatto pari a 100 il valore Italia nel 2001, l’indice scende a 98,4 nel 2011.
Lo scenario è stato tracciato dall’Istat nel rapporto Bes 2015 sul Benessere equo e sostenibile dell’Italia.
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