Risorse fluviali. L’Emilia-Romagna aderisce alla Carta nazionale dei contratti di fiume

Risorse fluviali. L'Emilia-Romagna aderisce alla Carta nazionale dei contratti di fiume
Risorse fluviali. L'Emilia-Romagna aderisce alla Carta nazionale dei contratti di fiume

La regione Emilia-Romagna ha aderito alla “Carta nazionale dei contratti di fiume”, già sottoscritta anche da Lombardia, Piemonte e Autorità di Bacino del Fiume Po.

L’obiettivo è quello di prevenire il deterioramento delle acque, ridurre i rischi conseguenti alle alluvioni, tutelare e valorizzare il paesaggio con regole e modalità di lavoro comuni e chiare.
La Carta, condivisa e ratificata nel corso del “VI Tavolo nazionale dei contratti di fiume” il 3 febbraio 2012, rappresenta la base per condividere un unico modello di pianificazione e gestione delle risorse fluviali e identifica nei contratti di fiume la migliore forma di programmazione negoziata e partecipata, in grado di conciliare gli interessi pubblici e privati presenti sui territori fluviali.

“Si tratta di accordi volontari che possono essere siglati tra Enti pubblici, privati e associazioni per perseguire il contenimento del degrado eco-paesaggistico e la riqualificazione fluviale”, sottolineano gli assessori alle Politiche ambientali e alla Difesa del suolo Paola Gazzolo e alle Infrastrutture e Programmazione Territoriale Raffaele Donini. “Con l’adesione alla Carta anche l’Emilia-Romagna condivide i principi e le regole in essa contenuti ed esprime la volontà di portare avanti i contratti come utili strumenti di cooperazione e condivisione tra diversi livelli di governo in relazione alle esigenze dei territori e in risposta alle aspettative dei cittadini”.
In allegato la “Carta nazionale dei contratti di fiume”
Dalla CARTA NAZIONALE DEI CONTRATTI DI FIUME
PREMESSA – Il World Water Forum definisce, già nel 2000, i Contratti di fiume come forme di accordo che permettono di “adottare un sistema di regole in cui i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale”. Era già allora acquisita la
consapevolezza che il traguardo di un simile obiettivo richiede uno sforzo di natura non solo istituzionale, ma anzitutto culturale, affinché le acque, non solo i fiumi ma anche gli ambienti acquatici e, più in generale, i territori dei bacini possano essere percepiti e governati come “paesaggi di vita”. Questo approccio culturale trova riscontro sia nelle politiche del Parlamento Europeo sulle risorse idriche, che, in campo internazionale, dalle Nazioni Unite. Queste ultime eleggono infatti il bacino idrografico quale unità di riferimento per le politiche di sostegno alla biodiversità. Inoltre, i Contratti di fiume fanno propri i principi comunitari di partecipazione democratica alle decisioni, che costituiscono l’asse portante del recente Trattato di Lisbona: quali processi partecipati territoriali colgono appieno quella “dimensione regionale e locale” che l’Unione Europea intende indagare con le consultazioni e riflettere nelle proprie proposte legislative.
CHE COS’E’ ILCONTRATTO DI FIUME? – I Contratti di fiume possono essere identificati come processi di programmazione negoziata e
partecipata volti al contenimento del degrado eco-paesaggistico e alla riqualificazione dei territori dei bacini/sottobacini idrografici. Tali processi si declinano in maniera differenziata nei diversi contesti amministrativi e geografici in coerenza con i differenti impianti normativi, in armonia con le peculiarità dei bacini, in correlazione alle esigenze dei territori, in risposta ai bisogni e alle aspettative della cittadinanza.
In un sistema di governance multilivello, dunque, i Contratti di fiume si configurano come processi continui di negoziazione tra le Pubbliche Amministrazioni e i soggetti privati coinvolti a diversi livelli territoriali e si sostanziano in accordi multisettoriali e multiscalari caratterizzati dalla volontarietà e dalla flessibilità tipiche di tali processi decisionali.
I Contratti di fiume non hanno un termine temporale prefissato, ma restano in essere fino a che rimane viva la volontà di aderire all’accordo da parte degli attori.
Il cuore propulsivo di processi di tal fatta è la ricostruzione di una visione condivisa del bacino idrografico. Tale rappresentazione deve essere capace di guidare i sottoscrittori del contratto ad elaborare un progetto coerente con le reali potenzialità che il territorio esprime.
La comunità è chiamata a elaborare una visione condivisa facendo emergere i conflitti, gli interessi, ma anche le vocazioni territoriali e le capacità di “fare sistema”, promuovendo il dialogo tra i soggetti a vario titolo portatori di interesse e l’integrazione dei diversi strumenti di programmazione, di pianificazione territoriale e di tutela ambientale I Contratti di fiume tracciano il percorso per ‘restituire i corsi d’acqua al territorio e il territorio ai corsi d’acqua’.
GLI OBIETTIVI – I Contratti di fiume, attraverso l’integrazione delle politiche e stimolando la capacità di cooperazione e di condivisione tra diversi livelli di governo e tra diversi soggetti dello stesso livello, perseguono molteplici obiettivi: sicurezza, mitigazione e prevenzione dei rischi, riequilibrio ambientale e valorizzazione paesaggistica, uso sostenibile delle risorse, fruizione turistica sostenibile, diffusione della cultura dell’acqua.
A compimento, questi processi partecipativi permettono il consolidarsi della governance entro l’intera estensione di un bacino ove la messa a sistema di azioni per la mitigazione del rischio idraulico sono integrate con la tutela e la valorizzazione del bene fluviale, delle condizioni di fruibilità, degli ecosistemi, dei luoghi storico-culturali presenti, della biodiversità, delle risorse idriche sia superficiali che sotterranee e così via.
La creazione di una vision condivisa permette di guidare il processo verso una gerarchizzazione degli obiettivi e il riorientamento delle programmazioni e delle risorse finanziarie, anche in ragione del comune riconoscere che il territorio non è un unicum omogeneo, ma si declina in numerose caratteristiche strutturali, che esprimono diversi bisogni e funzioni.
I Contratti di fiume stimolano così la progettualità territoriale dal basso, perché coinvolgono le comunità nella valorizzazione del proprio territorio, promuovendo azioni dirette e concrete dalle varie componenti della società e dalle istituzioni.
RIFERIMENTI NORMATIVI – I Contratti di fiume si ispirano nei loro elementi fondanti alla Direttiva Quadro 2000/60/CE, che
prefigura politiche sistemiche di riqualificazione delle acque superficiali e sotterranee, creando obiettivi comuni con altre normative europee che promuovono l’utilizzo di strumenti di governance e sussidiarietà per attuare le politiche ambientali, quali: la Direttiva Habitat 92/42/CEE, che prevede la creazione di una Rete ecologica europea; la Direttiva 2007/60/CE,
relativa alla gestione del rischio alluvioni, e la Proposta di Direttiva Quadro per la Protezione del Suolo, SFD – Soil Framework Directive, avente l’obiettivo di “proteggere il suolo dall’erosione e dall’inquinamento”.
A livello nazionale, i riferimenti sono costituiti dal D.Lgs 152/2006, che si configura come normativa quadro sull’Ambiente, e dal Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004 e successive modifiche).
Nel D.Lgs. 42/2004 il concetto di tutela trova un’adeguata collocazione nella previsione che il Piano Paesaggistico possa salvaguardare il paesaggio sia sotto il profilo della sua rilevanza naturalistica ed ambientale, sia come paesaggio artificiale, opera dell’uomo; prevede inoltre che le Regioni possano individuare gli ambiti fluviali di bacini/sottobacini come ambiti/aree da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e utilizzazione.
Nella parte III del D.Lgs 152/2006 riguardante “i distretti idrografici e i servizi idrici ad uso civile”, si ripristina l’integrazione tra difesa del suolo e tutela delle acque, riprendendo un concetto cardine della legge 18 maggio 1989 n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo); l’ispirazione di fondo é quella di “coordinare, all’interno di un’unità territoriale funzionale, il bacino idrografico inteso come sistema unitario, le molte funzioni settoriali della difesa del suolo, recuperando contribuiti tipici di altre competenze di intervento pubblico di tutela ambientale.”

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