Studio Legambiente: una marea di plastica sulle spiagge italiane

Studio Legambiente: una marea di plastica sulle spiagge italiane
Studio Legambiente: una marea di plastica sulle spiagge italiane

I rifiuti più frequenti sulle nostre spiagge sono bottiglie e contenitori di plastica. A seguire tappi e coperchi, a pari merito con i mozziconi di sigaretta, poi stoviglie usa e getta, cotton fioc, mattonelle e calcinacci. Questi i risultati dell’indagine sulla beach litter (rifiuto da spiaggia) promossa da Legambiente, secondo il protocollo scientifico del ministero dell’Ambiente e di Ispra, nell’ambito della campagna Spiagge e Fondali puliti – Clean up the Med.

Obiettivo dello studio è indagare la quantità e la tipologia di rifiuti presenti sulle spiagge per contribuire all’applicazione della direttiva europea sulla Marine Strategy. Un provvedimento che fornisce chiare indicazioni sull’impatto dei rifiuti marini e sull’obbligo di intervenire e rappresenta un’occasione per attuare politiche coordinate tra i diversi settori che riguardano il mare.
24 le spiagge monitorate, un’area vasta come 20 campi di calcio, migliaia i volontari che, durante il fine settimana, sono stati impegnati nella raccolta dei rifiuti abbandonati.
Sui litorali, la plastica è in pole position, con una percentuale del 65% sul totale di 15.215 rifiuti rinvenuti. Plastica di tutte le forme e dimensioni, dalle bottiglie agli shopper, dai tappi al polistirolo, i secchi, le stoviglie usa e getta ma anche molti oggetti derivanti dal comparto della pesca. Il 9% degli oggetti plastici – più di 1.500- è costituto da reti, galleggianti, nasse, fili da pesca, senza contare l’ingente quantitativo di frammenti di polistirolo (che potrebbero essere i resti di cassette per il pesce). A seguire, i mozziconi di sigaretta (7%). Sono stati contati 1.035 mozziconi, il residuo di oltre 50 pacchetti di sigarette. Non mancano ai primi posti in classifica i metalli (6%) con lattine, barattoli e bombolette spray, seguiti dai rifiuti sanitari (5%) come cotton fioc, assorbenti, preservativi, blister. Poi materiali di costruzione al 4% (mattonelle e calcinacci), vetro al 3% (bottiglie in testa), rifiuti di gomma (pneumatici, guanti) e tessili (scarpe, vestiti) entrambi al 2%.
I rifiuti marini hanno un impatto pesante sugli ecosistemi ma anche sull’economia e sul turismo. Uccelli, tartarughe e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca o morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti. Inoltre, le microplastiche ingerite dagli organismi acquatici sono la causa principale del disequilibrio della catena alimentare e dell’intero ecosistema marino. Sul fronte economico vanno considerati i danni meccanici alle imbarcazioni e alle attrezzature da pesca, allo stock ittico, i costi di pulizia delle aree costiere e le conseguenze sull’appeal turistico. Amalia Giordano

 

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