Pesticidi nelle acque, il Rapporto nazionale 2013. Il 13,2% delle acque superficiali mostra livelli di tossicità per gli organismi acquatici superiori ai limiti

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Sono stati resi noti i risultati del Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque 2013 realizzato da Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente.
Il 13,2% delle acque superficiali mostra livelli di tossicità per gli organismi acquatici superiori ai limiti. Ancora più evidente, rispetto al passato, lo stato di contaminazione delle acque italiane superficiali e sotterranee: nel 2010 sono stati rinvenuti residui nel 55,1% dei 1.297 punti di campionamento delle acque superficiali e nel 28,2% dei 2.324 punti di quelle sotterranee, per un totale di 166 tipologie di pesticidi – a fronte dei 118 del biennio 2007-2008 – individuati nella rete di controllo ambientale delle acque italiane.

Si tratta, per la maggior parte, di residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura – solo in questo campo si utilizzano circa 350 sostanze diverse per un quantitativo superiore a 140.000 tonnelate – ma anche di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attività. Anche se spesso basse, le concentrazioni indicano a livello complessivo una diffusione molto ampia della contaminazione. Inoltre, nel 34,4% dei punti delle acque superficiali e nel 12,3% dei punti di quelle sotterranne i livelli misurati risultano superiori ai limiti delle acque potabili. Le concentrazioni sono state confrontate anche con i limiti di qualità ambientale, recentemente introdotti, basati sulla tossicità delle sostanze per gli organismi acquatici. In questo caso il 13,2% dei punti delle acque superficiali e il 7,9% di quelli delle acque sotterranee hanno concentrazioni superiori al limite.
A livello di macroarea geografica, la contaminazione appare più diffusa nella pianura padano -veneta ( a causa alle caratteristiche idrologiche di quell’area, del suo intenso utilizzo agricolo e al fatto, non secondario, che le indagini sono sempre più complete e rappresentative nelle regioni del nord), ma anche al centro sud, i miglioramenti del monitoraggio stanno portando alla luce una contaminazione significativa.
A causa dell’assenza di dati sperimentali sugli effetti combinati delle miscele e di adeguate metodologie di valutazione, esiste la possibilità che il rischio derivante dall’esposizione ai pesticidi sia attualmente sottostimato e si impone una particolare cautela anche verso i livelli di contaminazione più bassi. Le sostanze concepite per combattere organismi nocivi, infatti, sono potenzialmente pericolose anche per l’uomo. La rete ambientale è finalizzata alla salvaguardia degli ecosistemi acquatici e non al controllo delle acque utilizzate per scopo potabile, ma, queste ultime, spesso attingono agli stessi corpi idrici e l’uomo un’esposizione indiretta ai contaminanti, attraverso, ad esempio, la catena alimentare.
I pesticidi più rilevati nelle acque superficiali sono: glifosate, AMPA, terbutilazina, terbuti I pesticidi più rilevati nelle acque superficiali sono: glifosate, AMPA, terbutilazina, terbutilazina-desetil, metolaclor, cloridazon, oxadiazon, MCPA, lenacil, azossistrobina. Nelle acque sotterranee, con frequenze generalmente più basse, le sostanze presenti in quantità maggiore sono bentazone, terbutilazina e terbutilazina-desetil, atrazina e atrazina-desetil, 2,6-diclorobenzammide, carbendazim, imidacloprid, metolaclor, metalaxil. Come in passato, continua ad essere diffusa anche la contaminazione da erbicidi triazinici come la terbutilazina, ma sono ancora largamente presenti anche sostanze fuori commercio da tempo, come l’atrazina e la simazina.

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