Nature calls, la semantica dei materiali

Nature calls, la semantica dei materiali
Nature calls, la semantica dei materiali

Dal 30 maggio al 7 settembre 2014 il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna presenta Nature Calls, la prima personale in Italia e all’interno di un’istituzione museale di Nick van Woert, una delle voci più originali dell’arte contemporanea statunitense.
La mostra, curata da Gianfranco Maraniello, rende visibili al pubblico, nella Sala delle Ciminiere e negli spazi espositivi adiacenti, 33 opere rappresentative delle tematiche ricorrenti nel lavoro dell’artista.
Muovendosi lungo il percorso espositivo, emerge con immediata evidenza la convinzione, trasversale ricerca di Van Woert, che esista una semantica dei materiali e che ogni materiale generi valore intrinseco. Al di là degli aspetti funzionali, gli oggetti che popolano la nostra quotidianità vengono intesi dall’artista per ciò che sono, per come sono fatti anziché per come appaiono.

Esemplari in questo senso le opere in plexiglass costituite da parallelepipedi sovrapposti – Home & Garden (2011), So Fresh So Clean (2011), Erratic (2012), Course of Empire (2013) – in riferimento alle quali Van Woert si definisce “pittore paesaggista”. Questi espositori seriali contengono ordinate classificazioni di materiali eterogenei (polveri, oggetti di scarto, detersivi, prodotti industriali, manufatti vari) che, apparentemente innocui se visti singolarmente, possono dar vita a combinazioni inquietanti e pericolose. Gel per capelli e cloro, banali presenze dell’ambiente domestico, se mescolati possono generare una sostanza incendiaria, scardinando le nostre tranquillizzanti certezze: per questo genere di suggestioni l’artista ha attinto a testi quali EcoDefense: a Field Guide to Monkeywretching (Ecodifesa: guida pratica al sabotaggio) di Dave Foreman o Improvised Munitions Handbook, un manuale dell’esercito che informa su come provocare disastri servendosi di sostanze d’uso comune.
A partire da tali fonti e dall’interesse di Nick van Woert nei confronti di figure come Ted Kaczynski (Unabomber) e di movimenti estremisti di “ritorno alla natura” accomunati dalla dinamica uomo vs. macchina e dal tentativo di cambiare o “dissezionare” il nostro modo di vivere, nascono complesse installazioni, ibride classificazioni di strumenti da lavoro e armi da cattura, reperti di oggetti antichi rivisitati nell’ottica di una trasmissione di saperi e di tecniche per il potenziale sabotaggio dell’ordine mondiale: Improvised Munition (2012), History (2012), Garden of Forking Paths (2013).
All’ordinata catalogazione di questi lavori e di quelli in plexiglass fanno da contrappunto magmatiche e disorganizzate forme di rocce fatte di uretano e fibra di vetro – quali Untitled (Coal slag rocks) del 2014 – mentre singolari attrezzi ginnici – Universal Gym (2013) – alludono a un progetto di metamorfosi dell’uomo simile al processo di modellazione della scultura classica.
Un altro tema ricorrente nella ricerca di Van Woert è la dialettica tra ambiente artefatto dalla pervasiva presenza umana e natura governata dal caso, che trova origine nelle stesse origini dell’artista, nato e cresciuto a Reno (Nevada), città del contrasto tra le architetture fantasmagoriche del gioco d’azzardo e la rude realtà del deserto circostante. Rintracciamo tali spunti in numerosi lavori, anche i più recenti, simulacri dell’interazione tra natura e genere umano quali Heinous Cling (2014), Now Or Never; Are We To Live or Perish Forever? (2014) o i totem Andrew (2014), Maja (2014), Peter (2014) e Run for the Hills (2014).
Dalla necessità di conoscere e verificare ciò che ci circonda, di evidenziare il processo costruttivo e la struttura delle cose senza dissimularli, origina il ricorso dell’artista a riproduzioni di statue classiche, in cui stilemi greco – romani trovano nuove forme e nuovi significati nell’incontro/scontro con materiali di derivazione industriale, rifiuti organici, sabbia e metalli. Attraverso violente manipolazioni che si incontrano in opere quali Haruspex (2010), Nature Boy (2010), Lady Lady (2011), Return to Nature (2011), Nature Girl (2012), Untitled (yellow statue), 2014, Untitled (black statue), 2014, Nick van Woert riporta all’interno del dialogo artistico questi condensati di fiction, vuoti simboli di decadenza, riempiendoli letteralmente di senso.
L’esposizione si colloca in un filone di indagine che ha attraversato la programmazione del museo fin dalla sua apertura, facendo conoscere alcuni protagonisti delle ricerche più avanzate portate avanti oggi in America: GuytonWalker (2008), Trisha Donnelly (2009), Seth Price (2009), Matthew Day Jackson (2011). Un percorso di riflessione e una ricognizione sulle pratiche artistiche e sulla funzione del museo che non si è limitato all’ambito americano e che ha visto la valorizzazione di alcune figure rivoluzionarie e imprescindibili per la comprensione dell’arte degli ultimi decenni: nel 2007 Christopher Williams (negli spazi in dismissione dell’ex Galleria d’Arte Moderna di Bologna), nel 2012 Marcel Broodthaers (MAMbo) e nel 2013 Bas Jan Ader (Villa delle Rose).
In concomitanza con l’inaugurazione di Nature Calls viene pubblicato l’omonimo catalogo (Edizioni MAMbo) con un’intervista esclusiva di Aniko Berman (critica d’arte) a Nick van Woert e testi di Gianfranco Maraniello e Lorenzo Sassoli de Bianchi.

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