Legambiente racconta lo stop all’eolico off-shore in Italia E invita Renzi a cambiare verso alle politiche per il clima, il mediterraneo e l’energia “I fatti parlano chiaro: finora scelte forti e modifiche normative solo per le fonti fossili”
Mentre in tutto il mondo oggi si festeggia l’eolico con il Wind Day, la giornata del vento, in Italia non sembra esserci speranza per i progetti off-shore. A largo delle coste italiane sono stati presentati in questi anni 15 progetti di impianti eolici e sono tutti fermi, nel più totale disinteresse del governo Renzi, come di quelli che lo hanno preceduto. Nonostante esistano, nel nostro Paese, forti potenzialità di valorizzazione dell’energia del vento, stimate dall’Anev in circa 2.500 MW capaci di soddisfare i fabbisogni elettrici di 1,9 milioni di famiglie.
In coerenza con le direttive europee, il Piano di azione nazionale sulla promozione delle fonti rinnovabili prevedeva per gli impianti eolici off-shore un obiettivo crescente dai 100 MW che si sarebbero dovuti installare nel 2013 fino ad arrivare a 680 MW nel 2020.
Legambiente ha raccolto in un dossier le storie di questi 15 progetti, presentati tra il 2006 e il 2013. Nessuno è stato realizzato o in cantiere. Perché? Chi deve decidere e come?
Contrariamente a quanto avviene in altri paesi dell’Unione europea – come la Francia, la Spagna e la Germania, per esempio – che si sono dotati di procedure chiare e trasparenti per la gestione dei progetti, in Italia per gli impianti eolici off-shore vige una paurosa incertezza normativa. Non esistono regole per valutare i progetti, per escludere le aree da tutelare, per informare i cittadini; in mare non valgono neanche le linee guida approvate per gli impianti a terra. L’assenza di regole chiare è tale per cui le Soprintendenze hanno bocciato progetti eolici off-shore posizionati a diversi chilometri dalla costa o, addirittura come a Taranto, posti di fronte all’impianto siderurgico dell’Ilva. Per motivi estetici e senza che vi siano riferimenti di alcun tipo da seguire nell’analisi dei progetti. Tutti i progetti presentati si sono, così, scontrati con problemi di autorizzazione da parte di enti locali, Regioni, Soprintendenze e ministero dei Beni culturali, anche in caso di Valutazione d’impatto ambientale positiva. L’unica possibilità rimane allora la decisione del Consiglio dei ministri, per dirimere i contrasti tra gli organi dello Stato.
La storia più emblematica è quella del primo progetto, presentato nel 2006, al largo delle coste del Molise e bocciato pochi giorni fa dal governo Renzi. Nove anni di procedure, una Valutazione di impatto ambientale positiva, ma bloccato dal ricorso della Regione Molise e dal parere contrario del Ministero dei Beni Culturali. Il Consiglio di Stato aveva assegnato la scelta finale al Consiglio dei ministri. Ma con una lettera del 19 maggio la Presidenza del consiglio ha comunicato che non si occuperà della questione, e che il progetto deve ripartire da zero.
Del resto, non migliore fortuna avevano avuto due progetti a largo delle coste pugliesi, bocciati in Consiglio dei ministri a febbraio 2014, quando era premier Enrico Letta, proprio nell’ultima seduta di governo. Altro evidente segno di disinteresse è l’assenza di risposta alla lettera inviata il 27 febbraio 2014 al governo appena insediato dalle imprese che stanno portando avanti i progetti eolici off-shore. Un testo che chiedeva semplicemente di fare chiarezza sulle procedure e risposte su progetti bloccati da veti e ricorsi. Anche Eni, Shell o Edison sarebbero rimaste senza riscontro?
Ma non è solo un problema di procedure, perché il governo Renzi ha deciso anche di togliere gli incentivi agli impianti eolici offshore. Nella bozza di decreto non è previsto alcun intervento per questa tipologia di fonti rinnovabili e a beneficiarne saranno gli inceneritori e mega impianti a biomasse a cui sono garantiti generosi incentivi per 20 anni.
“E’ il momento che il Governo chiarisca se ha intenzione di impegnarsi nella lotta ai cambiamenti climatici – commenta il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini – Che faccia capire ai cittadini, al di là dei proclami e delle belle parole, se intende puntare su un’innovazione energetica incentrata sulle fonti rinnovabili e l’efficienza. Senza ipocrisie, dicendo ad esempio agli imprenditori se ha senso continuare a investire nell’eolico offshore oppure le porte continueranno ad essere sbarrate, se condivide i veti posti dal Ministero dei Beni Culturali contro questi impianti, e infine se ha intenzione di continuare in una politica di scelte forti che vale solo per le fonti fossili e le autostrade, come fatto con lo sblocca Italia”.
Legambiente ha messo in evidenza l’assurdità di queste scelte rispetto agli interessi del Paese, perché nel 2014 il contributo delle fonti rinnovabili è stato pari al 38% dei consumi complessivi, attraverso un mix di fonti diverse e un sistema sempre più distribuito. Una crescita nell’interesse dell’Italia e dell’ambiente, per fermare i cambiamenti climatici, che può continuare e a cui anche l’eolico off-shore può contribuire. Il governo, che ha lanciato l’appuntamento degli Stati Generali del Clima il 22 giugno, avrebbe tutto l’interesse a dare un segnale positivo per questo tipo di impianti visto il crollo delle installazioni dell’eolico a terra nel 2014 dopo il taglio degli incentivi (107MW installati a fronte di una media di 800 negli anni passati) e la crescita che questi impianti stanno avendo a livello europeo, con oltre 8mila MW installati in 11 Paesi.
Per questo Legambiente chiede al governo di scegliere una strada realmente innovativa, che davvero #cambiaverso alle politiche per il Mediterraneo e l’energia. Una strada che premi l’innovazione e la tutela ambientale, puntando sullo sviluppo dell’eolico off-shore attraverso procedure efficaci. “La richiesta che facciamo al governo è semplice: copiamo dalla Francia o dalla Spagna che hanno introdotto procedure per valutare gli impianti eolici offshore trasparenti e che funzionano” conclude Zanchini.