Secondo lo studio della Fondazione Filippo Caracciolo, il Centro Studi ACI, “Muoversi meglio in città per muovere l’Italia”, ammonta a 5 miliardi di euro l’anno il costo della congestione nelle sole 6 città più popolate. E ancora, una “tassa” di 850 euro a famiglia solo per gli incidenti stradali e 3 giorni all’anno persi nel traffico.
“Le condizioni della mobilità nelle nostre città sono un elemento di freno alla ripresa economica e alla vivibilità. Ci sono ritardi ultradecennali rispetto alle altre città europee da recuperare con un mix intelligente di scelte infrastrutturali, normative, urbanistiche e tecnologiche. Sono necessarie risorse nazionali e locali, ma soprattutto una forte e nuova volontà politica che metta la questione mobilità urbana al centro delle priorità nazionali.”
Lo afferma Ennio Cascetta, presidente del comitato scientifico della Fondazione Caracciolo.
“Le principali città italiane sono belle ma invivibili – dichiara Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia – e pagano un altissimo spread-mobilità nei confronti degli altri centri europei a causa di traffico, incidenti e inquinamento. La ricetta dell’ACI è un progetto speciale nazionale per la mobilità urbana: 50 miliardi di euro in 10 anni, nuove regole, controlli efficaci e incentivi per le amministrazioni virtuose. L’80% dei fondi dovrà essere destinato a colmare lo spread infrastrutturale e di offerta del nostro trasporto urbano pubblico, il restante 20% coprirà gli investimenti per la messa in sicurezza dei punti critici, la promozione di servizi di car e bike sharing, il rinnovo del parco veicolare con l’introduzione di veicoli elettrici, la realizzazione di piste ciclabili e l’introduzione di tecnologie per la smart mobility”.
Secondo l’Aci quella italiana è una mobilità fortemente squilibrata, affidata quasi esclusivamente all’auto, scelta ricorrente per il 59% delle persone contro una media europea del 35%. Uno squilibrio modale che è causa e conseguenza dell’elevato numero di auto per abitante. Più di 60 autovetture ogni 100 abitanti a Roma o Torino, a fronte di una media europea che non arriva a 40: Londra 36, Berlino 35, Madrid 32.
Nella Capitale il costo della congestione supera i 2 miliardi di euro ogni anno: 1.005,91 euro per ogni automobilista; 722,75 euro per ogni utente del trasporto pubblico. Nelle cinque città più trafficate, il valore del tempo sprecato nel traffico è di oltre 5 miliardi di euro, una cifra sufficiente a realizzare qualunque investimento necessario per colmare ritardi e carenze del nostro sistema dei trasporti urbani.
Per migliorare le condizioni di trasporto urbano, prosegue Aci in una nota, occorre: orientare comportamenti e domanda di mobilità, definire tempi e orari per carico e scarico merci, sostenere il telelavoro, informatizzare gli sportelli informativi, delocalizzare gli uffici, introdurre incentivi per le imprese che si consorzino per gestire l’approvvigionamento delle merci e vincoli per la pianificazione delle sedi.
Un contributo importante, anche dal punto di vista ambientale, deve venire dall’adeguata promozione di car sharing (con veicoli elettrici, ibridi o a metano) e bike sharing (le realtà italiane sono molto indietro rispetto alla media europea).
Tariffazione delle strade (road pricing) e della sosta, inoltre, vanno affrontate senza pregiudizi ideologici, in quanto capaci di produrre effetti importanti: redistribuzione dei flussi, ottimizzazione della velocità media, riduzione di consumi e inquinamento.
I trasporti, infine, possono contribuire al miglioramento urbanistico dei quartieri, attraverso misure che sottraggono strade pubbliche alla circolazione dei veicoli per restituirle ai pedoni living street. Tali aree nel tempo si popolano di negozi per lo shopping e il tempo libero, diventando luoghi di aggregazione.
Queste limitazioni, spiega Aci, dovranno essere controbilanciate da politiche di rilancio dell’offerta di servizi di trasporto pubblico, ad oggi del tutto inadeguato a generare una mobilità intermodale efficiente e virtuosa, anche perché gli investimenti nei trasporti urbani sono crollati del 26% nel triennio 2008-2011.
L’inefficienza del nostro TPL appare evidente da quasi tutti gli indicatori: età dei veicoli, velocità media (a Roma è di 15,4 Km contro i 19 di Berlino e i 21 di Madrid), costi chilometrici di esercizio (oltre i 5 Euro a km: nettamente superiori alla media europea), rapporto fra ricavi da bigliettazione e costi di esercizio, dove gli introiti della bigliettazione riescono a coprire poco più del 30% dei costi, contro una media europea di oltre il 50% e punte di eccellenza (Regno Unito) superiori all’80%.
Altro discorso per le reti metropolitane, le meno estese in assoluto: Milano (92km) è al 14mo posto in Europa, Roma (41,5km) è in fondo alla classifica, ventesima e precede altre cinque città italiane, ovvero Napoli (17,8km), Torino (13,4), Brescia (13,1), Genova (7,1) e Catania (3,8). Numeri che scompaiono di fronte ai 436km di Londra, 293 di Madrid, 220 di Parigi 220 e 147 di Berlino. Pochi chilometri e, ovviamente, poche stazioni: 101 a Milano, 52 a Roma, 21 a Torino, 20 a Napoli, 17 a Brescia, 8 a Genova e 6 a Catania, mentre ce ne sono 315 a Londra, 303 a Parigi, 300 a Madrid e 173 a Berlino. Pochi chilometri, poche stazioni e, inevitabilmente, pochi passeggeri: 425 milioni l’anno a Milano e 309 mln a Roma contro i 507 milioni di Berlino, i 601 mln di Madrid, 1 miliardo e 171 milioni di Londra e 1 miliardo e 524 milioni di Parigi.
Secondo l’associazione la soluzione,in tema di Trasporto Rapido di Massa (TRM), però, non deve essere “grandi opere”, ma lean design (progettazione “snella”): infrastrutture minime e vetture metropolitane leggere, anche senza conducente, che permettono riduzioni significative sia dei costi di costruzione che di gestione. Rispetto alle linee metropolitane, quelle tranviarie hanno infatti costi ridotti e minori tempi di realizzazione. Le nuove vetture hanno velocità di percorrenza molto vicine alla metropolitana e capacità di trasporto viaggiatori comunque elevate.
La mobilità urbana del terzo millennio, aggiung la nota, non può prescindere dall’utilizzo diffuso di strumenti di infomobilità. Strumenti che, con investimenti finanziari contenuti, possono portare notevoli benefici: 10% di consumi ed emissioni in meno, riduzione del 20% i tempi di viaggio e del 50% delle code. Le tecnologie ITS possono, inoltre, essere utilizzate nella lotta al contrasto delle violazioni stradali e nella promozione del trasporto pubblico.
Al fine di non disperdere tempo ed energie, ogni soluzione o proposta, prima di essere giudicata per la sua validità, dovrà essere valutata per la sua coerenza, ricondotta a sistema e vagliata in base all’idoneità a correggere le principali criticità urbane, ai suoi effetti a lungo termine, alla coerenza con l’insieme delle altre misure, alle ricadute su turismo, qualità dell’aria, vivibilità dei quartieri, ai costi ambientali ed economici e a tutti gli aspetti che qualificano il vivere urbano.
“Troppo spesso le scelte di intervento sul traffico urbano, ma anche sugli investimenti e le localizzazioni urbane, avvengono senza uno studio accurato sulle conseguenze che possono arrivare ad annullare gli effetti delle misure stesse. in questo caso si parla di falsi amici dalla mobilità urbana. Una programmazione alla quale dovrà seguire un controllo effettivo ed efficace. In altri ambiti come quelli urbanistici, la violazione di regiole di pianificazione comporta l’applicazione di norme penali, mentre in materia di trasporti siamo ancora in presenza di norme senza sanzioni. Le risorse del progetto speciale ‘mobilità urbana’ dovranno essere disponibili per le sole città che dimostreranno la coerenza e l’efficacia delle scelte adottate.”