Progetti di ricerca per il biogas: il digestato come fertilizzante

Progetti di ricerca per il biogas: il digestato come fertilizzante
Progetti di ricerca per il biogas: il digestato come fertilizzante

Due studi condotti sul biogas in agricoltura dal CRPA di Reggio Emilia e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza illustrati a Fieragricola a Verona dimostrano che la digestione anaerobica di matrici agro-zootecniche è un processo biologico sano e il digestato che ne deriva è utilizzabile senza timori persino sui terreni dedicati alle produzioni Dop

Lo studio era finalizzato a indagare i rischi igienico sanitari per i prodotti Dop e per la salute umana legati all’uso agronomico del digestato: il prodotto in uscita dagli impianti a biogas in agricoltura può essere infatti utilizzato come fertilizzante.

I due progetti di ricerca, “BiogasDop” finanziato dal Mipaaf e “Biogas_micotossine_clostridi” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, sono stati condotti sia su scala reale, con il coinvolgimento di 6 impianti di biogas nel territorio di produzione del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, sia in laboratorio con un impianto pilota in condizioni di mesofilia (38-40°C).
«I risultati – ha dichiarato Lorella Rossi, ricercatrice del CRPA e coordinatrice del progetto – sono stati molto confortanti, perché hanno evidenziato che la digestione anaerobica migliora lo stato igienico sanitario delle matrici di ingresso, gli effluenti della zootecnia, principalmente, e i sottoprodotti agroindustriali. In estrema sintesi, ciò che esce da un impianto a biogas è decisamente migliore di ciò che entra».
La ricerca, che ha visto la collaborazione dei Consorzi di Tutela del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano e del CIB, Consorzio Italiano Biogas, si è concentrata su tre ambiti: l’analisi degli aspetti igienico sanitari dei digestati, la presenza e il comportamento dei batteri clostridi nella fase di digestione anaerobica e infine gli effetti di abbattimento di quest’ultima sulle micotossine di farine di mais contaminate.
Il monitoraggio, svolto prima e dopo il processo di digestione anaerobica, ha riguardato i cosiddetti organismi indicatori, previsti dalle normative nazionali ed europee: Escherichia coli; Streptococchi fecali (enterococchi) e Salmonella. Il livello di contaminazione delle deiezioni animali viene abbattuto significativamente durante la fase di digestione anaerobica negli impianti a biogas. I livelli di Escherichia coli ed Enterococchi diminuiscono fino a due ordini di grandezza. Lo stato igienico-sanitario dei digestati migliora ulteriormente nella fase di stoccaggio. Gli studi hanno poi escluso che la digestione anaerobica possa causare un aumento del contenuto di patogeni nel digestato.
L’ultimo obiettivo della ricerca riguarda il comportamento in digestione anaerobica di farine di mais contaminate da micotossine (aflatossine). Partendo da miscele di farine con livelli di aflatossina AFB1, quella più pericolosa per la salute dell’uomo, le indagini hanno dimostrato come la digestione anaerobica sia in grado di degradare drasticamente il livello di micotossine dal 62 al 98 per cento.
«Auspichiamo che con questi studi – sottolinea Piero Gattoni, presidente del CIB – si abbattano finalmente un po’ di muri di diffidenza verso il digestato, che la normativa europea include tra i fertilizzanti utilizzabili in agricoltura biologica».

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